ORTODOSSIA
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IL FORMARSI DELLE CHIESE ORTODOSSE

Il termine “ortodossia” indica “retta dottrina” ed anche “retta glorificazione”: il riferimento è alla dottrina e alla liturgia. Con il passare dei secoli e con lo sviluppo dei dissensi dottrinali, il termine ha assunto un carattere ufficiale, così da diventare una identità: è un insieme di Chiese autonome che si riconoscono in comunione reciproca, in quanto condividono la medesima fede e tradizione, il rito liturgico (a parte alcune variazioni locali) e la disciplina canonica nelle sue forme basilari. Il termine “bizantina” è una tradizione orientale, in cui queste Chiese sono inserite. Sarebbe più esatto parlare di “ortodossia calcedonese”.
  • Le Chiese pre-calcedonesi
    • Nel IV secolo alcune Chiese orientali si rifiutarono di aderire alle decisioni dogmatiche del Concilio di Efeso (431) o del Concilio di Calcedonia (451). All’inizio del IV secolo la grande Chiesa dell’impero romano era articolata nella “pentarchia”: Roma, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme e corrispondeva alla circoscrizione territoriale delle province in cui era suddiviso l’impero. Le sedi patriarcali coincidevano con le città capitali delle province, dove era avvenuta l’evangelizzazione: Pietro e Paolo a Roma, Pietro ad Antiochia, Marco ad Alessandria d’Egitto, Andrea a Costantinopoli. Gerusalemme fu chiamata patriarcato per il significato religioso. Alessandria ed Antiochia furono centri di cultura cristiana, importanti per la formulazione della fede. Non mancarono contrasti.
      La prima separazione avvenne con il Concilio di Efeso, quando una parte del patriarcato di Antiochia, situata nei territori dell’impero persiano sassanide, rifiutò la condanna di Nestorio, allora Patriarca di Costantinopoli, e si costituì in Chiesa autonoma. Oggi essa conta 600 mila fedeli in Iraq, Iran e nella diaspora degli Stati Uniti.
      La seconda separazione avviene nei due patriarcati di Antiochia e di Alessandria con il rifiuto delle formule dogmatiche di Calcedonia. È il “monofisismo”. Si costituiscono Chiese autonome: siro-ortodossa (patriarcato di Antiochia), la Chiesa copta (patriarcato di Alessandria). Della Chiesa armena non c’era alcun vescovo presente e nel V secolo si rese indipendente aderendo alle prime due. La copta è in Egitto (6 milioni), la siro-ortodossa nel Medio Oriente (350 mila), l’armena (6 milioni e mezzo).
      L’uso della qualifica “ortodossa” divenne comune per le Chiese fedeli a Calcedonia.
      Le divisioni interne, secondo Andrea Pacini, indebolirono tali religioni rendendole vulnerabili di fronte alle invasioni arabo-musulmane. L’Islam applicò il regime di tolleranza nei confronti della popolazione cristiana, concedendo di praticare la fede in privato. Il sistema politico-religioso poneva però i cristiani in situazione di subalternità giuridica, con riflessi economici. Ciò portò a una marginalità istituzionalizzata.

  • Affermazione di Costantinopoli
    • Nell’epoca compresa tra il VII e l’XI secolo le due tradizioni greca e latina rappresentavano le due anime della grande Chiesa indivisa. In Oriente la Chiesa continuò a svilupparsi all’interno dell’impero romano cristiano. La Chiesa greca, con il suo centro Costantinopoli, continuò ad avere una ricca vita teologica e spirituale. Sviluppò anche una intensa attività missionaria tra le popolazioni slave: tra il IX e il X secolo nell’odierna Bulgaria e poi nel principato di Kiev nella Rus’.
      A Roma ci fu un unico patriarcato. La struttura politica imperiale venne meno alla fine del V secolo sotto i colpi delle invasioni barbariche e la Chiesa rimase l’unico elemento di unità e di continuità con il passato. Il culmine simbolico fu l’incoronazione di Carlo magno a Roma nella notte di Natale dell’800. Nacque il Sacro romano impero. La Chiesa ricevette dal potere politico il riconoscimento pieno della sua funzione religiosa, culturale e sociale e la difesa dei suoi diritti.
      Questi due percorsi erano già iniziati nel 692 a Costantinopoli con i canoni solo greci non riconosciuti da Roma. Carlo Magno cercò di spingere l’Occidente a rifiutare gli atti del secondo Concilio di Nicea (787) contro l’iconoclastia e poi a non recepire la “vittoria dell’ortodossia” per una errata traduzione di “venerazione” con “adorazione”. Papa Adriano I rifiutò entrambe le condanne.
      Nel secolo X crescono gli screzi per il “filioque”, osserva A. Pacini, introdotto nei secoli V-VI in alcune Chiese dell’area ispanica. L’aggiunta si era diffusa in Occidente anche per impulso dei sovrani carolingi che si contrapponevano all’imperatore d’Oriente. Solo dopo molto tempo la Chiesa di Roma accettò: la formula fu recitata per la prima volta nel 1014, in occasione dell’incoronazione di Enrico IV su richiesta esplicita imperiale. Nacque così un dissenso dottrinale con la Chiesa greca.
      L’accentramento in Occidente attorno al Papa era estraneo alla concezione orientale. Il primo periodo di forte dissidio fu nel secolo IX con lo scisma del patriarca Fozio, composto nel IV Concilio di Costantinopoli (869-870). Si arrivò allo scisma poi del 1054, il quale non fu visto come divisione irreparabile, ma solo come momento di forte tensione fra le due Chiese. Furono i fatti seguenti a rendere lo scisma definitivo e a creare divisione: il sacco di Costantinopoli ad opera dei Crociati (1204), l’erezione a Costantinopoli di diocesi latine, il mancato aiuto dell’Occidente in difesa dei Turchi (conquista di Costantinopoli nel 1453).
      Seguì una sterile polemica, fatta, per cinque secoli, di condanne, nonostante i tentativi falliti di ripristinare l’unità: Lione (1274), Firenze (1439). La Chiesa cattolica nei secoli XVI-XIX cercò di ricostruire l’unità con le Chiese “uniate”, che avevano la doppia appartenenza. Solo nel secolo XX i rapporti migliorarono, così da arrivare all’incontro fra Paolo VI e il patriarca Atenagone nel 1967 con il ritiro delle scomuniche del 1054.
(G. Dal Ferro)