ORTODOSSIA
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ORTODOSSIA - PRIMA INFORMAZIONE
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LA CHIESA BIZANTINA

Bisanzio rappresenta la civiltà romano-cristiana d’Oriente, scomparsa dal punto di vista storico-politico con l’invasione ottomana-turca (1453). È una civiltà ancora viva e fiorente, che sopravvive nelle Chiese ortodosse.
  • Ortodossia e impero bizantino
    • La realtà, secondo Athanasis Hatzopoulos, rivive con il simbolo dell’aquila bicipite nelle bandiere, nei pavimenti e nelle enkolpie dei vescovi. Il simbolo richiama le due autorità, che insieme gestiscono l’organizzazione della vita del popolo. La Chiesa ortodossa è custode della memoria. Essa si preoccupa della vita quotidiana dei fedeli e delle loro anime. Si parla di impegno secolare con un riferimento al corpo e all’anima. La Chiesa non si contrappone allo Stato, ma si preoccupa di condurre il fedele dallo stato terreno al regno di Cristo. Ciò comporta una difficoltà della Chiesa ortodossa di ripensarsi in un contesto di post-cristianità, di Stato laico. Dopo il dissolvimento dell’impero ottomano si sono formati gli Stati indipendenti di fede ortodossa fondati sul principio moderno di nazionalità.

  • Ortodossia ed ellenismo
    • Il Cristianesimo si è, scrive sempre A. Hatzopoulos, modellato secondo le categorie della cultura ellenistica. Esso, pur rifiutando il paganesimo, si è nutrito di termini platonici, aristotelici, stoici e neoplatonici. Prevaleva però l’apofatismo, non il sincretismo. Giorgio Florovsky tenta di proporre una sintesi neo-patristica, essendo i Padri per lui un magistero normativo e afferma che non è sufficiente la conoscenza intellettuale dei misteri di Dio; occorre un magistero di vita. Il magistero dei Padri è l’oggi eterno della Chiesa. Come il pane e il vino offrono se stessi a Dio, così i Padri. Questi rappresentano l’uso liturgico del mondo. I Padri offrono il loro corpo a Dio perché sia innestato nel corpo vivente di Cristo.
      Nei secoli XII e XIII si è avuta una omologazione liturgica di tutta l’ortodossia. Si è affermato un unico modello liturgico, anche se rimangono alcune diversità culturali territoriali. Il rito di Costantinopoli oggi è anche l’espressione visibile della professione della vera fede. Esso rappresenta un legame di unità nei cinque continenti.

  • Vita religiosa quotidiana
    • Nell’Ortodossia si nota l’apoteosi del sacro. Le feste patronali sono molto sentite e vissute nelle famiglie, avendo ognuna un santo protettore. Al termine delle liturgie si benedicono i cibi: ci sono “le torte di grano bollito impastato con farina abbrustolita, frutta secca e spezie, e cosparse di zucchero, benedette nelle commemorazioni dei defunti (…) e poi consumate dai fedeli”. Tutto ciò è ricondotto al mistero dell’incarnazione, che assume la materia riscattata dalla corruzione e ne fa strumento di salvezza per l’uomo. Si potrebbe parlare anche di irruzione del sacro nel mondo rinnovato e redento, dove le cose non sono più veicolo di contaminazione ma strumento di divinizzazione.
      In questo quadro acquista significato la venerazione delle reliquie e delle icone. Le reliquie perpetuano la presenza del santo, emigrato con l’anima razionale a Dio, e le icone sono la materializzazione del sacro. Reliquie e icone sono onorate con la prostrazione accompagnata da segni di croce e con la piegatura del busto fino a toccare il suolo prima di segnarsi e baciare.
      Nei riti abbondano poi candele, lampade ad olio, incenso. Il fedele accende candele per i familiari e per i morti con ripetuti segni di croce. Le candele sono di cera naturale e sono fissate sulla sabbia. L’illuminazione è fatta con lampade ad olio e i fedeli intingono il dito o un batuffolo nell’olio per ungersi o per portarlo a casa. Nei riti si fa uso abbondante di incenso, che coinvolge i sensi trasfigurati e introduce all’esperienza di Dio.
      Accenniamo a due concetti ortodossi che caratterizzano la vita quotidiana, l’“economia” relativa alla vita individuale e la “sinfonia delle istituzioni” relativa alla vita sociale.
      • L’economia ecclesiastica. Il concetto di oikonomia, secondo Enrico Morini, non solo ha radici canonico-disciplinari ma informa la mentalità dei pastori e dei fedeli ed è una forma di governo delle anime. Essa è “la possibilità di concedere deroghe, in forma temporanea o permanente, da una prescrizione normativa, senza per questo inficiare in alcun modo la validità della prescrizione stessa”. È un modo di agevolare il conseguimento della salvezza eterna ed ha larga applicazione nel matrimonio, possibile dopo la morte del coniuge o dopo il divorzio, pur con un rito che fa riferimento alla fragilità della condizione umana. Questo concetto non è comune alla mentalità giuridica occidentale, che invece conosce la dispensa o il caso di nullità matrimoniale. È un concetto presente però nell’insegnamento dei Padri in termini di condiscendenza o filantropia. L’economia sfugge a qualsiasi sistemazione o regolamentazione ed è applicata in modo diverso, a seconda dei casi e delle tradizioni, essendo la facoltà di scegliere in base a ciò che si ritiene conveniente per il bene della Chiesa.
      • Sinfonia delle istituzioni. Dal punto di vista sociale, l’Ortodossia, osserva sempre Enrico Morini, sembra orfana di Bisanzio. Prima del crollo di Costantinopoli (1453) c’era una coestensione e una coeternità tra Chiesa e Impero, unità imprescindibile conseguenza dell’assoluta unicità di Dio. Con la caduta dell’Impero avviene una rielaborazione del pensiero: la dignità imperiale vacante è surrogata dalla Chiesa stessa, che assume la simbologia imperiale (mitra che riproduce la corona imperiale e aquila bicipite che esprime la duplice competenza). Si affermano così due sfere, religiosa e civile, nelle quali si articola l’unico e indiviso potere di matrice divina. Compito dell’imperatore è difendere l’Ortodossia e l’unità dogmatica, convocare un concilio, dare vigore ai deliberati dogmatici e disciplinari. Compito dell’autorità religiosa è guidare alla salvezza, attraverso i due punti cardine della teologia orientale: la divinizzazione e la trasfigurazione. Sottrarsi alla sovranità dell’unico imperatore romano cristiano equivale ad empietà. La Chiesa in ogni caso doveva essere protetta e servita dall’imperatore, data la priorità delle finalità spirituali.

  • Risorse dell’Ortodossia
    • Quali risorse ha oggi l’Ortodossia? Tra le molte ricchezze di questa Chiesa facciamo riferimento a tre: la teologia della divinizzazione, la divina liturgia come esperienza mistica e il monachesimo con la spiritualità esicasta.
      • Teologia della divinizzazione. Sviluppatasi a partire dall’epoca patristica (S. Atanasio e S. Basilio il Grande) la teologia della divinizzazione ritiene fondamentale per l’uomo dopo il peccato la realizzazione della somiglianzà divina, per la quale Dio si è fatto uomo. Dio infatti accetta come interlocutori solo persone divinizzate, deificate, capaci di partecipare alla sua vita e, attraverso i misteri vissuti sacramentalmente, eleva i fedeli a tale condizione. Le varie feste liturgiche sono tappe di questo cammino, di questa trasformazione. Si parla quindi non di “imitazione di Cristo” ma di “vita in Cristo”. Man mano che una persona è trasformata ed entra nello stato di divinizzazione, è trasfigurata, cioè acquista la capacità di vedere Dio e il mondo in modo nuovo. Si potrebbe dire che proprio in questa esperienza si radica la “filocalia” ossia l’amore alla bellezza, la quale sa cogliere in ogni cosa, per la deificazione ricevuta, il bello. L’uomo deificato sa discernere alla luce divina ciò che in ogni creatura è caduco e ciò che è eterno e sa dare rilievo solo al secondo. La filocalia diventa così un cammino ascetico, proprio perché i “pensieri belli” finiscono per rendere la persona delicata, spirituale, protesa al mondo dei valori.
      • Divina liturgia. Nella divina liturgia orientale non prevale la parola esplicativa ma il simbolo, che fa partecipare al mistero più che esplicitarlo. Nelle liturgie il fedele sperimenta la contrapposizione fra il mondo sensibile e il mondo divino in termini di luce e tenebre, di comunione e di divisione, di trasfigurazione e di peccato. C’è in esse un dramma dialogato fra sacerdote, diacono, fedeli il quale fa andare oltre il frammento per far incrociare il tempo con l’eternità. Si capisce come in questa prospettiva acquistino importanza le dimensioni purificatrice, contemplativa, elevante. Il culto diventa celebrazione davanti al Trono del Regno del ciclo, alla presenza della gerarchla celeste: “Noi che misticamente rappresentiamo i cherubini e cantiamo alla Trinità, che dona la vita, l’inno tre volte santo, deponiamo ogni preoccupazione terrena” (Inno ai cherubini della divina liturgia).
      • Monachesimo e spiritualità esicasta. A differenza della Chiesa cattolica, dove la vita religiosa è legata a fondatori ed è organizzata in famiglie religiose portatrici di carismi particolari, il monachesimo maschile e femminile nella Chiesa ortodossa è unico ed è parte integrante della Chiesa stessa, anche perché i vescovi sono sempre monaci. Il monachesimo quindi ha un ruolo fondamentale nella vita della comunità ortodossa. Si potrebbe dire che è l’anima stessa della Chiesa. I fedeli di frequente vanno ad incontrare lo “staretz”, cioè un monaco che, dopo aver fatto esperienza di contemplazione, diviene guida alla maturità spirituale. Questi “starcy” rappresentano la sintesi fra razionalità e cuore, inteso quest’ultimo come centro unificatore della personalità, e guidano al silenzio per ascoltare e vivere Dio (esicasmo). Sono noti i “racconti del pellegrino russo” dove si narra che, attraverso la ripetizione ritmica associata al respiro della preghiera di Gesù (“Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me”), una persona impara a concentrarsi in Dio, dimenticando ogni problema, ed acquista una visione nuova delle cose.
      Queste grandi potenzialità saranno in grado di ridare un’anima cristiana alle nuove generazioni russe, vissute in un clima di indifferenza e di ostilità alla religione? La risposta non è facile, perché la spiritualità russa, di grandissimo valore, forse non riesce sempre a trovare agganci sufficienti con i problemi concreti, con i quali il mondo secolarizzato si misura quotidianamente. La Chiesa ortodossa, sia per la sua tradizione sia per la tragica esperienza degli ultimi decenni, trova difficoltà a risolvere in chiave cristiana i problemi umani, ed è tentata di coltivare una spiritualità disincarnata. Manca in essa l’esperienza di una mediazione con l’umano, la quale, in condizioni diverse, è presente invece in Occidente. Pensiamo per esempio la difficoltà di questa Chiesa di sviluppare forme associative e comunitarie di partecipazione, di organizzare una rete caritativa, di cimentarsi in settori laici, pur con spirito cristiano, come la difesa dei diritti umani. Se le proposte di spiritualità rimangono suggestive e di alto profilo, meno praticabili sembrano essere le proposte concrete di una evangelizzazione della cultura e di un impegno nell’attività socio-politica. Ritorna allora quanto si era sopra indicato circa la non acquisita distinzione storica della Chiesa russa circa il delicato rapporto fra religioso e profano, nella vita di fede.

  • Dialogo fra cattolici ed ortodossi
    • Fra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa grava lo scisma del 1054. Due Chiese sorelle, con la stessa fedeltà a Cristo e con gli stessi sacramenti, sono fra loro divise da secoli di storia, da incomprensioni e dalla mancanza di unità attorno al vescovo di Roma.
      Con il Concilio Vaticano II molte cose sono cambiate fra di loro. L’incontro fra Paolo VI e il Patriarca Atenagora nella terra di Gesù nel 1986 e l’eliminazione delle scomuniche reciproche emesse all’epoca dello scisma sono i segni evidenti dei nuovi rapporti. In questi anni tre documenti sono stati firmati da appositi rappresentanti delle due Chiese. In essi risulta la convergenza piena nella fede, nella Chiesa e nei sacramenti. Si noti che tali colloqui, come si afferma nei documenti stessi, miravano ad essere un contributo verso la realizzazione della piena unità fra cattolici e ortodossi. Di quando in quando però risorgono incomprensioni e nuove difficoltà, spiegabili con i molti secoli di ostilità. È ora in discussione un quarto documento relativo all’autorità nella Chiesa derivante dal sacramento dell’ordine. Una tappa significativa è il documento di Ravenna (2008) che riconosce la necessità di un “protos”, cioè di un rappresentante della Chiesa universale. I dialoghi continuano.
      L’aiuto perciò alla nuova evangelizzazione, se è senza dubbio un dovere per i cattolici, non deve assumere il carattere del proselitismo. In tal caso si negherebbe alla Chiesa ortodossa il carattere di “Chiesa sorella” e il riconoscimento degli stessi sacramenti e della stessa fede. Ecco perché eventuali interventi evangelizzanti dei cattolici devono essere previamente concordati, per non cadere in sleali concorrenze, che non favoriscono il servizio al Vangelo e compromettono l’avviato cammino ecumenico.
      Rimane fondamentale nel momento presente l’aiuto fraterno di esperienze e di carità, trovandosi questa Chiesa in una situazione precaria, priva di ogni mezzo per il servizio pastorale. È un periodo di transizione che si profila lungo ed incerto. Per questo i rapporti con la Chiesa ortodossa non possono che essere improntati alla solidarietà, alla collaborazione e soprattutto alla creazione di esperienze di autentica libertà (A. Zak). Il dialogo da intraprendere, va sottolineato, non può essere unilaterale. Se i cristiani di Russia hanno bisogno dell’Occidente, i cristiani europei necessitano di accostarsi alla spiritualità russa che l’Ortodossia ha conservato gelosamente anche per loro, per ritrovare l’autentica fedeltà a Cristo.
(G. Dal Ferro)