ISLAM
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ISLAM

I MUSULMANI, IMMIGRATI TRA DI NOI

I musulmani non sono lontani da noi come in passato. Essi abitano le nostre contrade e sempre più condividono la nostra vita, essendo arrivati in gran parte dall’Africa per occupare i posti di lavoro spesso più umili, che gli italiani rifiutavano. È importante conoscerli e iniziare con loro un dialogo, magari per conoscere in che cosa credono e come vivono.
Nel mondo sono molti: si parla di un miliardo, secondi per numero solo ai cattolici. Non tutti hanno gli stessi modi di pensare e di vivere, mancando di un magistero che indichi per tutti la linea da seguire. Si ritrovano però nel “Corano”, il libro di Dio, e nella comune appartenenza alla “Umma”, la comunità islamica.
  • Maometto e il Corano.
    Maometto (570-632) è il loro profeta, uomo esaltato per il profondo senso religioso e per essere stato folgorato dall’incontro con Dio. Attraverso l’arcangelo Gabriele, egli avrebbe ricevuto la rivelazione di Dio in lingua araba, espressa in una forma di singolare eleganza, bellezza. Tale rivelazione viene a completare, secondo i musulmani, le precedenti rivelazioni (Torah e Vangelo), anzi a correggerle, essendo state manipolate nel tempo. Il Corano è quindi, per il musulmano, l’espressione circa la volontà di Dio, alla quale si aderisce con la sottomissione (islam), accogliendone la fede (imán) e vivendo secondo le prescrizioni legali (ihsán). È una religione globale, che abbraccia insieme le necessità dell’uomo, della società e dello Stato ed indica le soluzioni da seguire con riferimento diretto alla fede nell’unico Dio trascendente. È quest’ultima la verità centrale, il monoteismo assoluto, da cui deriva anche l’organizzazione sociale e politica. La grandezza di Dio è descritta dai 99 nomi, che il buon musulmano recita continuamente con la corona (subha) in mano.


  • Come vivono.
    Sottomessi all’unico Dio, si riconoscono fratelli, appartenenti alla comunità dei credenti (Umma), impegnati ad obbedire al Corano. Solo se si comportano così possono aver successo nella vita.
    La fede si esprime con cinque pratiche rituali, eseguite con perfezione formale: la professione di fede in Dio e nel profeta Maometto (shahada), la preghiera rituale (salat) cinque volte al giorno rivolti verso la Mecca, l’elemosina legale (zakat) per la cassa della comunità, il digiuno (sawn) nel mese lunare di Ramadam, il pellegrinaggio (hagg) alla Mecca una volta in vita.
    La comunità a cui sentono di appartenere, è un insieme di religione, cultura, organizzazione giuridico-politica, espressione della fratellanza universale. Si potrebbe dire che tale comunità diventa “espressione del mondo sottomesso a Dio, al quale è assicurato il successo”. La “gihad” o guerra santa, è lo “sforzo sul sentiero di Dio”, vissuto interiormente da ogni musulmano e usato contro l’oppressione e l’ingiustizia.
    Il bene e il male sono collegati alla volontà di Dio, che vede nel profondo del cuore le intenzioni e quindi non può essere ingannato. Non bevono vino, non mangiano carne di maiale, possono avere quattro mogli a patto che siano giusti nei loro confronti.


  • Islam e cristianesimo
    Queste due religioni hanno in comune la fede in Dio unico e sussistente, l’obbedienza ai comandamenti, la fede nell’aldilà, molti precetti morali quali l’ospitalità, la fedeltà alla parola data, la subordinazione degli interessi privati ai pubblici. Ogni uomo, anche per i musulmani, è responsabile di fronte a Dio.
    Di Gesù si parla nel Corano in modo egregio, trascrivendo in quale modo alcuni brani evangelici e si afferma la verginità di Maria. Gesù però è un profeta, non Dio, perché, secondo loro, si comprometterebbe in questo caso l’unicità di Dio. Di conseguenza, negano la Trinità e l’incarnazione, ed anche la croce e la redenzione, dato che Dio non poteva abbandonare Gesù profeta nelle mani dei nemici. Per i musulmani poi Maometto ha ricevuto l’ultima e definitiva rivelazione di Dio, fissata nel Corano: questo libro corregge perciò le rivelazioni (compreso il Vangelo) e incarna, sotto forma di scrittura, la parola di Dio che è eternamente in Lui.
    Questa fede infine unisce strettamente Stato e religione e fa del Corano la fonte del diritto e dell’organizzazione politica, con gli inconvenienti che conosciamo.


  • Dialogo e relazioni
    Per tredici secoli fra cattolici e musulmani c’è stata incomprensione e reciproco rifiuto. Con il Concilio Vaticano II abbiamo imparato ad ascoltarli e a riconoscere le cose buone di cui sono portatori. Il dialogo non è facile, anche per una certa rigidità, che deriva dal tradurre sempre le affermazioni religiose in termini giuridici e politici.
    Un buon lavoro è possibile fare insieme nell’attuale società secolarizzata per recuperare il senso di Dio e per promuovere la giustizia.
    Date le difficoltà indicate, i vescovi del Triveneto invitano le parrocchie a non concedere locali e spazi destinati al culto cristiano ai musulmani e ad esigere, per chi sposa un musulmano, una particolare preparazione. Invitiamo invece all’accoglienza, al dialogo, alla preghiera insieme senza confusioni e al comune impegno per la giustizia.
(G. Dal Ferro)