PROTESTANTESIMO
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ZWINGLI A ZURIGO

Il movimento riformatore nella Confederazione elvetica, nata nel 1291 da tre cantoni (Schwyz, Uri, Unterwalden) unitisi in difesa contro gli Asburgo, è assai diverso da quello della Germania. Qui ci sono città-stato con organismi democratici. Si potrebbe dire che la Riforma si configura nella Svizzera e nelle città collegate in un contesto urbano, fra professionisti pieni di fermenti innovativi, a differenza della Germania, che è caratterizzata ancora da una economia agricola, con prìncipi in lotta contro una piccola aristocrazia locale. La decisione di aderire alla Riforma e i cambiamenti innovativi in queste città vengono assunti democraticamente. Le città confederate erano da tempo consapevoli delle proprie prerogative e responsabilità e “a partire dal secolo XIV i consigli municipali di villaggi e città svolgevano nei confronti della comunità cristiana una funzione quasi episcopale di cura e di vigilanza, talvolta perfino di governo, nei casi non infrequenti di latitanza di coloro che ufficialmente ricoprivano la carica di vescovi”. Si affermano rapidamente così alcune città riformate, fra le quali Zurigo, Berna, ed anche Ginevra, Basilea, Strasburgo. L’intensa comunicazione fra di loro, spiega le convergenze e le peculiarità specifiche presenti nella Riforma protestante elvetica, secondo il principio dell’unità nella diversità.

Huldrych Zwingli a Zurigo

Il riformatore di Zurigo, primo in ordine di tempo, è Huldrych Zwingli (1484-1537), figlio di una città confederata di cultura politica democratica e repubblicana. Nasce a Wildhaus (San Gallo), sotto l’imperatore Federico III, predecessore di Carlo V, e il re di Francia Carlo VIII, predecessore di Francesco I. Vive gli eventi bellici come cappellano militare nelle guerre francesi per la conquista di Milano. Patriota elvetico, matura in tale occasione la convinzione di dover condannare i soldati mercenari, concessi nel 1521 dal comune di Zurigo allo Stato pontificio: “Giustamente i cardinali - tuona dal pulpito - portano cappelli e cappe purpuree: se li scuoti cadono ducati e corone, se li torci sprizzano il sangue di tuo figlio, di tuo fratello, del tuo amico”. Zwingli si schiera per la pace e denuncia la contaminazione Chiesa e politica. Successivamente, al formarsi di una “Unione cristiana” a Waldshut (1529) promossa da cinque cantoni cattolici alleati all’Austria, raccoglie soldati lui stesso, come controffensiva protestante, anche se la guerra non ci sarà e invece si farà la pace di Kappel.

  • Cenni sulla vita.
    Per un decennio fu parroco a Glarus (1506-1516), dove aveva coltivato intensamente gli studi umanistici. Studia a Vienna (1498-1502) presso i domenicani e a Basilea supera nel 1504 l’esame di bacellerato. Nel 1515 conosce a Basilea Erasmo da Rotterdam, con il quale stabilisce un legame profondo di pensiero, che non rinnegherà successivamente quando aderirà alla Riforma. Egli fa parte del “cenacolo erasmiano” ed è chiamato “sacerdote di Cristo e delle Muse”. Dopo la violazione del celibato, fa propri i principi della Riforma luterana. Nel 1519 è infettato dalla peste, ma riesce a sopravvivere. L’anno seguente rifiuta la rendita papale per il suo ufficio, rompendo con Roma e successivamente, al termine di una disputa pubblica (1523), fonda a Zurigo la prima Chiesa riformata. “Fu dunque il Consiglio a staccare Zwingli dal clero cattolico e a creare per lui il primo posto di pastore evangelico”. Zwingli si dedica alla Riforma nella città di Zurigo dal 1522 al 1525, facendo una Chiesa di Stato. Invia ad Augusta, dove Carlo V aveva convocato una Dieta (1530), una propria confessione di fede, che ottiene un rifiuto. Quando i cantoni cattolici, in un momento successivo, dichiarano guerra a Zurigo, Zwingli parte come cappellano con una piccola schiera di 700 uomini e con la spada in pugno e muore, combattendo, a Kappel (1537). Il suo cadavere è squarciato, bruciato e profanato.


  • Personalità del riformatore.
    H. Zwingli, a differenza di Lutero, è un umanista, affascinato da Cristo ed insieme dall’antichità classica. Non si ha nella sua vita una crisi religiosa di rottura, ma piuttosto una evoluzione, affascinato dalla centralità della Scrittura nella vita dei cristiani e impegnato nella rifondazione della fede della Chiesa. A differenza di Lutero, la riforma della Chiesa era per lui riforma della città. Egli sostituisce nella Cattedrale di Zurigo la lettura di testi biblici alla celebrazione della messa quotidiana, convinto che la Sacra Scrittura accompagnava il fedele nella vita quotidiana, vero luogo della glorificazione di Dio. La cena è celebrata quattro volte all’anno. Da umanista convinto, sviluppa la dottrina dello Spirito Santo, che agisce anche indipendentemente dalla parola biblica. Arriva così ad estendere la salvezza anche a quanti non appartengono alla Chiesa visibile, ma temono Dio e vivono virtuosamente. Di carattere impulsivo e focoso, è abile diplomatico nell’evitare i conflitti e nell’orientare le decisioni secondo i suoi progetti. Nella Riforma è radicale più di Lutero, e si caratterizza per la rivalutazione dei sacramenti, da lui considerati non come mezzi di grazia ma come attestato pubblico di grazia ricevuta; per l’atteggiamento iconoclasta, allo scopo di liberare il popolo dalle forme idolatriche; per lo stretto legame fra Chiesa e Stato, ritenendo l’agire nel mondo espressione della fede.


  • Le “dispute” pubbliche.
    Il Consiglio della città di Zurigo si occupa di teologia e quindi della demarcazione fra eresia e fedeltà evangelica nella predicazione dei pastori. Convoca allo scopo tre dispute nello stesso anno (1523), delle quali la prima (gennaio 1523) è la più importante in quanto riconosce la Bibbia unico fondamento della predicazione. Nelle 67 tesi redatta da Zwingli si afferma l’indipendenza della parola di Dio dalla Chiesa; Gesù Cristo unica salvezza; la messa come non sacrificio. Nella seconda disputa (ottobre 1523) si discute sulle immagini e sulla messa. Alla fine della disputa Zwingli tiene un discorso sul “pastore” della Chiesa. Nella terza disputa si decide di abolire processioni e pellegrinaggi e si tracciano le regole per i battesimi, i matrimoni, gli arredi del culto. In questa occasione, nel Commentario sulla vera religione afferma il concetto di “transignificazione” per la cena, cioè all’“è” sostituisce il “significa”. Nelle dispute era presente Giovanni Faber da parte cattolica. Egli però già nella seconda disputa preferì non partecipare, inviando un uditore. Come si può osservare, il Consiglio si configura come “un vero e proprio organismo di controllo sulla vita e sui costumi dell’intera cittadinanza” e Zwingli a sua volta interviene sui problemi della città contro l’accattonaggio, il prestito ad interesse ed altre cose.
    Zwingli deve far fronte però anche ai dissensi, provenienti dalla Riforma radicale espressa da Felix Manz e Konrad Grebel. Erano persone influenti che affermavano il ri-battesimo (anabattisti). Essi si chiamavano “Fratelli in Cristo”. Lo scontro di Zwingli con loro è aperto; i due fautori del dissenso vengono annegati e gli anabattisti perseguitati. Si deve ricordare che era stato Zwingli stesso a introdurre l’anagrafe con i registri parrocchiali e quindi non si poteva mettere in discussione il battesimo dei bambini. Zwingli elabora in tale occasione la “teologia del Patto”, analoga alla circoncisione del popolo ebraico.
    Un confronto di Zwingli con il fronte riformista fu con il teologo cattolico Giovanni Eck, che si era contrapposto a Lutero a Worms (1521). L’imperatore fissa una disputa chiarificatrice per il 1526 e Zwingli non si presenta, inviando una risposta alle tesi di G. Eck. I lavori si concludono senza accordi, con la messa al bando di Zwingli e dei suoi seguaci, perché considerati luterani.
    Infine avviene a Marburgo (1529) un confronto fra Zwingli e Lutero sulla eucaristia: da un lato c’è Lutero e Melantone, dall’altro Zwingli, Ecolarupadio e Bucero. Il colloquio si conclude con un fallimento e Lutero dichiara: “Noi non abbiamo lo stesso spirito (…). Così, come ho già detto, noi vi abbandoniamo al giudizio di Dio”. Zwingli, fisso nella sua interpretazione simbolica della cena, risponde: “Tu, o secolo futuro, valuta con scrupoloso esame i risultati (…). Noi ti abbiamo offerto la fiaccola. Addio”.


  • Zwingli, teologo umanista
    “Si può pensare - scrive Paolo Ricca - che lo Zwingli riformista erasmiano abbia ceduto il posto allo Zwingli riformatore protestante man mano che cresceva nella sua consapevolezza di teologo l’autorità della parola della Scrittura, che si impone non solo per riformare la vita dei cristiani ma anche per rifondare la fede della Chiesa, il suo culto, la sua pietà, la sua stessa forma esteriore, secondo le regole di Cristo”. Caratteristica del suo pensiero è il connubio fra Scrittura e Spirito Santo da un lato e riforma interiore e riforma esteriore della vita dall’altro. Zwingli conserva un’anima umanista e si fa propugnatore dell’impegno nel trasformare il mondo secondo Dio. Ci soffermiamo su quattro punti del suo pensiero teologico: il principio scritturale, la concezione dei sacramenti, la sovranità della libertà di Dio e il rapporto fra giustizia umana e giustizia divina.
    Il principio scritturale, in primo luogo, ben delineato nell’opera Chiarezza e certezza della parola di Dio (1522), caratterizza il pensiero di Zwingli. Nell’introduzione spiega “come l’immagine di Dio impressa nell’anima dell’uomo non sia andata del tutto distrutta a causa del peccato ma solo distorta, in quanto vi è ancora presente celatamente il desiderio per Dio e per la Parola di Dio”. La parola di Dio offre chiarezza, illumina l’intelligenza umana, dona una “conoscenza certa”, dà voce allo Spirito.
    I sacramenti, in secondo luogo, sono “segno di fedeltà” del credente alla comunità. Per lui sono due (battesimo e cena). La cena, secondo il capitolo sesto di Giovanni da lui ampiamente commentato, ha un valore simbolico: “Nella fede, partecipando alla celebrazione eucaristica, i credenti si riconoscono mutualmente parte di quel corpo che è la Chiesa; sono essi a transustanziarsi, non già le due specie. Dunque la cena ruota attorno alla fede e alla Chiesa”. Il battesimo è un “patto” di fedeltà e da esteriore deve diventare interiore.
    In terzo luogo Zwingli parla de La provvidenza di Dio (1529), dove più evidente è il rapporto con l’umanesimo. Dio per lui è fonte di tutto, somma verità, somma potenza, forza morale. Egli parla della provvidenza e la definisce “il perfetto e immutabile dominio su tutte le cose dell’universo e il governo di esso”. Niente è affidato al caso. La grandezza dell’uomo è nella capacità di comunicare con Dio: “Lo spirito eleva i suoi sospiri verso Dio e spera tutte le cose dalla sua generosità, non dai propri meriti”. L’uomo pecca, ma Dio è più grande del peccato e, con il suo insindacabile operare, salva. A tale proposito Sergio Ronchi osserva che Zwingli è il più radicale tra i riformatori, perché porta la giustificazione per grazia nelle mani di Dio: “Si può essere salvati non già fuori di Cristo, bensì anche senza la fede in lui, perché la decisione sovrana è di Dio e di Dio soltanto, perché la salvezza è completamente gratuita in quanto salvezza per grazia”.
    In un discorso Della giustizia divina e della giustizia umana. Del loro reciproco rapporto (1523) affronta in quarto luogo il rapporto fra religione e società ed afferma che le due si completano a vicenda. Dio “è giusto perché è la fonte prossima dell’innocenza, della pietà, della giustizia e del bene”. È necessaria però anche la giustizia umana, anche se non conta davanti a Dio, perché altrimenti “la vita associata degli uomini non sarebbe dissimile da quella degli animali irragionevoli”. Con tale discorso il riformatore recupera l’azione sociale che egli promuoveva per la riorganizzazione della città.
    L’opera sua maggiore è il Commentario sulla vera e falsa religione (1525), nella quale compendia le idee della Riforma da lui realizzata a Zurigo. Ricordiamo infine l’Apologia della fede (fidei ratio) presentata alla dieta di Augusta (1530), dove egli non è cattolico, né luterano, né anabattista. Melantone lo giudica “pazzo” e Lutero lo dice teologo non cristiano.
(G. Dal Ferro)