PROTESTANTESIMO
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INQUETUDINI SOCIALI E PROTESTANTESIMO TEDESCO

La Riforma protestante scoppia quando le inquietudini sociali trovano nella predicazione di Lutero una loro espressione pubblica. C’è all’origine un miscuglio di religione e di affarismo, di libertà e di giochi politici, di desiderio di indipendenza e di esagerazioni nella predicazione divenute insopportabili. Non dimentichiamo i “gravamina” della Curia già denunciati e divenuti insopportabili soprattutto in Germania. Vediamo le tappe dell’intreccio avvenuto fra la predicazione di Lutero e lo sviluppo della Riforma.
  • La questione delle indulgenze (1517)
    “Alberto di Brandeburgo, secondogenito del principe elettore del Brandeburgo, a 23 anni era già arcivescovo di Magdeburgo e amministratore del vescovado di Halberstadt. A 25 anni, il 9 marzo 1514, dopo la morte dell’arcivescovo di Magonza, egli fu eletto anche a questa sede, la più influente della Chiesa tedesca”. La cosa andava bene per il Papa, che poteva contare su due elettori (Alberto e Gioacchino) contro la sovranità politica del principe di Sassonia, ma diventava drammatica per le spese. Gli Hohenzollern, cioè Alberto e Gioacchino, si rivolsero a Jacob Fugger, ricco finanziere di Augusta, per pagare a Roma oltre 14.000 ducati, più una aggiunta di 10.000. La Curia concesse ad Alberto l’esclusiva dalla predicazione dell’indulgenza per la costruzione di S. Pietro nei tre vescovadi: tolte le spese, metà delle entrate andava a Roma, metà ad Alberto per l’estinzione del debito. Si inviò poi a Magonza il predicatore domenicano Tetzel, che insisteva sull’efficacia delle indulgenze per i defunti. Lucien Febvre fa notare che il Tetzel non andò a Wuttemberg e quindi Lutero non sapeva nulla di ciò, anche perché in Sassonia il principe Federico ricavava, nel giorno di Ognissanti, molte offerte dalla sua collezione personale di reliquie preziose indulgenziate.
    Lutero ormai era divenuto caposcuola e nelle dispute teologiche polemizzava con altri teologi. Nella vigilia di Ognissanti unisce la dottrina delle indulgenze con quanto predicava, affermando che c’è qualcosa di meglio e di più sicuro delle indulgenze per l’acquisto del perdono, distinguendo “infusio” (intrinseco: colpa) da “remissio” (estrinseco: pena temporale, canonica). Mette in guardia che le indulgenze non generino una falsa sicurezza, una colpevole inerzia, la rovina della grazia interiore. Come era costume delle dispute teologiche, il 31 ottobre 1517 affigge alla porta della chiesa di Ognissanti di Wittemberg le 95 tesi in latino, per discutere con i dotti sull’argomento ed invia le tesi all’arcivescovo di Magonza. Nessuno si presenta a discutere le tesi, e Lutero è accusato a Roma e chiamato ad Augusta dal 12 al 14 ottobre 1518 a comparire davanti al cardinale Caietano per ritrattare. Lutero si appella al Concilio e l’anno seguente nella disputa di Lipsia, in cui viene incontro all’amico Karlstadt contro il teologo cattolico Eck, nega il primato del Papa e l’infallibilità dei Concili. Nel giugno del 1520 Leone X lo minaccia di scomunica con la bolla Exurge Domine (si elencano 41 proposizioni erronee); Lutero brucia la bolla (10 dicembre 1520) ed è scomunicato il 3 gennaio 1521 con al bolla Decet Romanum Pontificem.


  • Opere programmatiche (1520)
    Nel 1520 Lutero scrive tre opere programmatiche, nelle quali definisce il suo pensiero teologico e con le quali manifesta un progressivo accostamento ai problemi della Germania, un distacco dall’universalità della Chiesa di Roma, una esasperazione della peccaminosità umana contro l’umanesimo del tempo. Nello scritto Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca (agosto 1520), Lutero, non sufficientemente conscio della situazione, con il suo carattere impulsivo, fa proprie le istanze di Ulrich von Hutter (1488-1523) e si schiera con le esigenze della Germania, avvicinandosi al principe Federico di Sassonia. Da soli, egli afferma, non si agisce e si esprime in termini polemici, incurante dello scandalo che poteva provocare. Nel testo chiede che si riunisca un concilio, caldeggia l’abolizione del celibato dei preti, è contro la messa, i pellegrinaggi e le offerte a Roma. Nell’opera Della cattività babilonese della Chiesa (ottobre 1520) prende le distanze da Roma, che lo ha condannato. Essa non è più “santa”, perché agiva per interesse. Diviene così l’eco rafforzata di centomila voci tedesche e la definisce Anticristo. Non scrive in latino ma in tedesco e parla di Chiesa invisibile, si appella alla coscienza e alla libertà illuminate dalla Parola di Dio, proclama centrale la dottrina della giustificazione. Nel testo nega la comunione sotto un’unica specie, il carattere sacrificale dell’eucarestia, i sacramenti della cresima, dell’unzione degli infermi, dell’ordine e del matrimonio. Lo scritto Della libertà d’un cristiano (settembre 1520), con una lettera epistola a Leone X, afferma che le opere hanno senso, ma non in vista di un merito da acquisire presso Dio. Qualche anno dopo scriverà il De servo arbitrio (1525) in contrapposizione al grande maestro Erasmo da Rotterdam (1466-1536), umanista autorevole, valente esegeta, sensibile alla dimensione antropologica della fede, il quale aveva scritto De libero arbitrio. In tale opera Lutero nega la libertà naturale dell’uomo, esasperando la dottrina della “sola gratia” e il perdurare della peccaminosità nell’uomo giustificato. Egli vede in Erasmo l’umanista che esalta la ragione, non considerando la fede. Lutero ritiene così di negare il libero arbitrio e proclamare che “quanto accadeva all’uomo, compresa la sua salvezza, era unicamente un effetto di quella causa assoluta e sovrana, dell’azione irresistibile e continua”.
    Con le tre opere indicate, Lutero, sotto la spinta degli eventi che lo proscrivevano dalla Chiesa e dall’impero, esaspera il suo pensiero teologico e diviene progressivamente leader della Riforma.


  • Scomunica e proscrizione dall’impero (1521)
    Dopo la scomunica e la proscrizione dall’impero (1521), Lutero è convocato dall’imperatore Carlo V d’Asburgo il 25 maggio 1521 alla dieta di Worms, con un salvacondotto, ottenutogli da Federico di Sassonia, dato che la bolla di scomunica era molto controversa fra i principi tedeschi. Si voleva che ritrattasse, non che discutesse, la sua dottrina. Lucien Febvre vede nell’accettazione di Lutero di recarsi a Worms una testimonianza di porsi davanti a Dio, disponibile al trionfo o al martirio, sostenuto da una fede invincibile nella salvezza finale.
    L’atmosfera della dieta di Worms fu incandescente, data la popolarità di Lutero. Dopo il diniego di ritrattazione, ci fu un tumulto, essendo tutto il popolo con lui. Il principe Federico di Sassonia nel ritorno lo fa rapire il 14 maggio 1521 per salvarlo e lo rinchiude nella fortezza di Wartburg, dove rimarrà fino al 1 marzo 1522 come il “cavaliere Giorgio”. Qui egli scrive il commento al Magnificat ed inizia la traduzione della Bibbia in tedesco, che ultimerà nel 1534. Il suo stile è forte, talvolta rude. Impara le lingue antiche per questo compito. Vive sotto l’incubo di sentirsi fuori della Chiesa e dell’impero. Egli rifiuta la violenza che intanto si diffondeva per le città della Germania e teme che sia il diavolo ad agire: “io è con la bocca, con la bocca soltanto e senza spada che ho combattuto il Papa, i vescovi, i preti, i monaci”. Karlstadt e Zwilling lo sfruttano senza scrupoli, mentre Lutero invita alla moderazione, all’obbedienza all’autorità secolare. I disordini si propagano: le chiese sono saccheggiate, i monasteri si svuotano, la predicazione in tedesco diffonde la Riforma fra il popolo. Le rivolte si concludono con stragi e morti.


  • La guerra dei contadini (1525)
    L’ultimo atto tragico della Riforma è la rivolta dei contadini, sollecitati dall’azione di Karlstadt, che propugna la prassi della salvezza, testimoniata nel vissuto della comunità cristiana e della società. Lutero, dopo aver cacciato da Wittemberg i “profeti celesti” (1521) ed aver avuto uno scontro con Karlstadt (1522), assiste al formarsi di gruppi, capitanati da Thomas Müntzer con la “lega degli eletti”, di carattere apocalittico. La guerra civile divampa in Germania nel 1525, alimentata dalle ataviche ingiustizie, che ora trovano sfogo nella “guerra dei contadini”. Circa 300 mila contadini rivendicano, in nome dei 12 articoli, giustizia e libertà da una certa schiavitù. La battaglia di Frankenhausen del 15 maggio 1525 si conclude con 5 mila morti a cui si aggiungono poi altri 18 mila. Müntzer è preso, processato e decapitato.
    Lutero, che aveva esortato alla pace, prende posizione contro i contadini, affermando che il Vangelo non giustifica la ribellione e che la vera libertà è solo quella interiore. In tale occasione manifesta la sua dottrina dei “due regni”, riconoscendo al principe cristiano il compito e l’autorità civile, a cui la Chiesa doveva aderire per il bene pubblico. Lutero in tale occasione scrive: “O Signore Iddio, se tra i contadini regna un simile spirito, tempo è di scannarli come cani arrabbiati”. “Noi viviamo in tempi straordinari, un principe può meritare il cielo versando sangue molto più facilmente che altri non lo meriti pregando”.
    Come si è visto una modesta discussione accademica diventa un movimento popolare di Riforma, da un lato per i “gravamina” mal sopportati nei confronti della Curia romana e dall’altro per l’aumento della popolazione e della povertà dei contadini destinati a coltivare cereali. Lutero aveva riportato la penitenza e il perdono al rapporto diretto con Dio, sottolineandone la gratuità, mentre i “profeti celesti”, condannati da Lutero, avevano esteso al vissuto la prassi della salvezza. La Riforma si estende oltre la Germania nei Paesi vicini fra cui nella Svizzera, acquistando caratteri urbani. Gli sviluppi politici avvengono sotto la spinta della cosiddetta “Riforma radicale”, per cui i principi tedeschi devono intervenire. Lutero dopo il 1925 sembra ripiegarsi in se stesso, secondo l’affermazione di Lucien Febvre.


  • “Riforma radicale”
    Il principio luterano che “la Parola di Dio è al di sopra della stessa Chiesa e la giudica”, sviluppa le radici di un ritorno al Cristianesimo apostolico, ritenendo la Chiesa una realtà cristallizzata e sclerotizzata.
    Gli anabattisti rifiutavano il battesimo dei bambini per proclamare l’appartenenza al vero “popolo di Dio” e non alla Chiesa e proclamavano la separazione evangelica fra Chiesa e Stato. Essi parlavano di “imitatio Christi” e si appellavano allo Spirito Santo che trasforma la “Parola esteriore” in “Parola interiore” e sostiene nel martirio. Il termine anabattisti (= ribattezzatori) è di Zwingli, mentre essi si chiamavano “Fratelli in Cristo”.
    La predicazione in Sassonia di tale movimento è di Karlstadt, il quale rifiuta la valorizzazione che Lutero aveva fatto delle opere. Egli mira a costituire gruppi di convertiti, vere comunità di credenti, senza distinzione di gerarchie. Centro di irradiazione è Zwickau, seconda città protestante, divenuta l’emblema del radicalismo. Dopo la morte di peste di Karlstadt, si pone a capo della “povera gente comune” Thomas Müntzer (1467 ca.-1525), che in Boemia pubblica il Manifesto di Praga, richiamandosi a Jan Huss. Egli condanna i professo di S. Scrittura ed, assumendo una dimensione escatologica, parla di “Parola interiore” che diventa norma di vita e di condotta. Egli fonda il “regno di Cristo”, senza re, senza magistrati, senza una autorità spirituale. Con la “lega degli eletti” e una istanza di tipo comunistico dà il via alla “guerra dei contadini”, già accennata, con alla base i 12 articoli di Svezia, i quali dicevano che Dio ascolta i contadini, i quali dovevano ascoltare il Vangelo.
    Gli anabattisti successivamente saranno perseguitata in tutti gli Stati, per il loro carattere anarchico e ricusati da Lutero stesso. Dieci anni dopo la guerra dei contadini, con la caduta della città “Nuova Sion” (1535), ispirata a modelli millenaristici, si può parlare di fine della Riforma radicale. Un ramo purificato sopravvisse per merito Menno Simons (1496-1561) con una disciplina comunitaria, dando luogo ai mennoniti, i quali si caratterizzarono per il culto della Sacra Scrittura, il cristocentrismo, la condanna di voler anticipare il Regno di Dio e con la croce ritenuta simbolo per il cristiano di sofferenza.


  • I principi tedeschi e l’impero
    Dopo la dieta di Worms (1521), Lutero divenne l’espressione della Riforma da parte del popolo, dei principi tedeschi in contesa contro l’imperatore, degli anabattisti e dei monaci che lasciavano il convento e si sposavano. I principi tedeschi si oppongono alle decisione della dieta di Worms e si uniscono fra loro contro i cattolici. Segue una prima dieta di Spira (27 agosto 1526) che decreta che ogni fazione doveva comportarsi in coscienza davanti a Dio. Una seconda dieta di Spira (1529) stabilisce invece di non introdurre novità fino al prossimo concilio, dieta nella quale i principi protestarono (di qui il temine di protestanti). I fatti seguenti sono la dieta di Augusta (1530) con il tentativo di ripristinare l’unità, alla quale furono presentate tre confessioni (Melantone, Zwingli, Bucero) fra le quali la “Confessio Augusta”, che diverrà il punto di riferimento per il luteranesimo; l’unione dei luterani nella Lega di Smalcalda (29 marzo 1531) contro l’imperatore; la pace di Norimberga fino al prossimo concilio (23 luglio 1532) di Carlo V con i principi protestanti, essendo attaccato dai turchi; l’inizio del Concilio di Trento, convocato nel 1545, al quale i protestanti ricusarono la partecipazione. Successivamente con la pace di Augusta (1555) si stabilì lo “ius reformandi”, attribuito ai prìncipi e alle città, non ai cittadini, per cui si formulò il principio “cuius regio, eius religio”. Per i sudditi contrari c’era solo il diritto di emigrare dopo la vendita dei beni. Si passava così dall’universalismo cattolico politicamente espresso dall’imperatore, alle Chiese nazionali. La Germania restò divisa in due: Carlo V dovette successivamente venire a patti contro i turchi e, tradito, abdicò (1556).


  • Ripiegamento di Lutero
    Lutero si è trovato al centro delle contraddizioni del suo tempo, sprigionatesi dalla sua dottrina. Egli non era un politico. Spinto a volte dal suo carattere, interveniva contro tutti, in nome della Parola, di cui si sentiva “servo” e “mendicante”. Uomini furiosi sembravano distruggere la sua opera: coloro che rompevano con Roma cercavano legittimazione; le donne che uscivano dal monastero si rivolgono a lui; Lutero se la prende con gli spiritualisti e condanna Karlstadt e Müntzer; con Zwingli si contrappone sull’eucarestia e con Erasmo sulla pericolosità della ragione umana.
    A un certo punto sposa Caterina von Bora (1525), nonostante avesse detto che il suo spirito non era incline al matrimonio. Lutero, scrive Lucien Febvre, è una persona ferita dal contraccolpo degli avvenimenti: “L’ho fatto per sfida al diavolo e ai suoi accoliti, i principi e i vescovi, che sono tanto pazzi da proibire ai religiosi di sposare”. In questo periodo egli non rinnega il passato, ma lo rielabora, e formula un “credo” e si riferisce al “decalogo”, dopo aver condannato la legge. In particolare elabora la dottrina dello stato di istituzione divina. Nel 1525 scrive che Dio “ha dato alla sovranità secolare la pienezza del suo diritto e della sua potenza, realizzando così quello che i Papi non avevano mai fatto né voluto fare”. E conclude: “Meglio è che i tiranni commettano ingiustizie contro il popolo piuttosto che il popolo una sola ingiustizia contro i tiranni”.
    Inquieto e instabile, si adagia nella famiglia, conduce una vita banale: mangia, beve, gode delle piccole gioie. Invita a pranzo gli amici e racconta: nascono i discorsi conviviali dove il passato entra in una sfera a volte romanzata. Nel 1527 scoppia la peste e si rifugia a Iena. Il 18 febbraio 1546 muore, mentre a Trento si avvia il Concilio e inizia la guerra fra imperatore e la Lega di Smalcalda.
(G. Dal Ferro)